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APPUNTAMENTO CON LA STORIA: 157 anni fa, la “Battaglia del Volturno”

Per la rubrica “Appuntamento con la Storia” ricordiamo la “Battaglia del Volturno” combattuta il 26 settembre ed il 2 ottobre 1860 nei pressi del fiume Volturno, durante la spedizione dei Mille. 

La battaglia del Volturno si combattè il 1 ottobre e prosegui in parte fino al 2 ottobre 1860. Fu uno dei fatti d’armi più importante del nostro Risorgimento e l’unica volta in cui l’esercito borbonico impegnò in una grande battaglia campale i Garibaldini. Prima vi erano stati solo scontri di dimensione limitata: nel complesso i Garibaldini avevano conquistato quasi tutto il regno fino a Napoli senza dovere affrontare una vera e propria battaglia campale.  Il fiume Volturno non ebbe nessuna parte nella battaglia che vi prende il nome perchè combattuta presso il Volturno e non sul Volturno. Il re di Napoli Francesco II ( Francischiello, popolarmente) aveva lasciato Napoli con l’intento di raccogliere tutte le truppe ancora fedeli , dare battaglia campale ai Garibaldini e riconquistare quindi Napoli e tutto il regno.

Il Piano di Battaglia

Il re Francesco II aveva chiesto di guidare l’esercito al generale francese Le Moriciere che però guidava in quei giorni  le truppe dello stato pontificio  Nominò quindi il Ritucci ma questo esitava a dare battaglia campale. Il re allora richiese un piano di battaglia a Le Moriciere che lo elaborò guardando semplicemente una carta geografica dei luoghi. Il piano poi fu presentato al Ritucci che lo criticò ma poi lo accettò per obbedienza al re e, probabilmente, per scaricare la propria  responsabilità in caso di insuccesso.
Il piano piuttosto complesso prevedeva quattro direttrice di assalto.  La prima colonna alla destra dello schieramento avrebbe  dovuto investire i Garibaldini presso il villaggio di Santa Maria ( attualmente Santa Maria Capua Vetere che  sorge sul luogo della  Capua romana)  . Una seconda colonna avrebbe attaccato  al centro  presso il villaggio di S. Angelo  (attualmente S. Angelo  in Formis) ai piedi del monte Tifata . Una terza colonna avrebbe dovuto aggirare i monti Tifatini (che si estendono fra i due villaggi prima citati e Maddaloni ). Questa colonna a sua volta si sarebbe divisa in due colonne. Una avrebbe dovuto attaccare i Garibaldini al valico dei Ponti della Valle, all’estrema sinistra mentre l’altra colonna avrebbe  dovuto attraversale le alture intorno a Caserta Vecchia per congiungersi con la precedente. Avrebbero  cosi preso alle spalle i garibaldini che ancora potevano resistere a  S. Maria e a S. Angelo, e aprirsi la strada per Napoli per riconquistare  la capitale: il piano era brillante ma come il Ritucci  aveva notato, le due ali estreme  si sarebbero trovate a circa 60 chilometri di distanza  con scarse possibilità di comunicazione e di aiuto reciproco. Inoltre non era prevista una riserva di uomini che potesse accorrere dove ce ne fosse bisogno  I quattro assalti quindi rischiavano di restare isolati gli un dagli  altri, come poi in effetti avvenne.
Il contropiano di difesa di Garibaldi invece prevedeva una difesa con una maggiore coordinazione dei reparti che erano più  vicini e soprattutto fu costituita una grossa riserva presso Caserta agli ordini del generale Turr che potevano agevolmente intervenire dove ce ne fosse stato bisogno

 

Il Fronte di S.Maria: Anche qui attacchi ripetuti per tutta la giornata, ma alla fine i borbonici furono respinti dai Garibaldini. Si segnalano due episodi vergognosi per l’esercito napoletano.
A un certo punto di fronte  alla accanita resistenza garabaldina si fece intervenire i granatieri della guardia reale sperando nell’efficienza di questa truppe di elite.  Si  trattava dei soldati che  sfilavano elegantemente nella parate per le vie di Napoli davanti al re  ma  che alla prova del fuoco furono presi da paura e fuggirono vergognosamente senza quasi combattere. Analogo episodio per uno squadrone  di  cavalleria:  di fronte al fuoco dei Garibaldini fuggirono in disordine precipitosamente  fino a Capua dove si rifugiarono. Il reparto era guidato da Filippo Pisacane, fratello dell’eroe della spedizione di Sapri che, a differenza del fratello, si mantenne  sempre fedele al re  ma che anche non mostrò certo il suo coraggio. Alla fine  della giornata  anche su questo fronte la resistenza garibaldina non fu superata e i napoletani si ritirarono.