Riportiamo un articolo pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno a firma di Marco Molino:
È in rovina ma ancora imponente l’ingresso dell’anfiteatro di epoca romana che s’innalza nel cuore di Santa Maria Capua Vetere. Tra la fine del primo e l’inizio del secondo secolo dopo Cristo, il pubblico affluiva attraversando queste arcate monumentali per assistere alle cruente sfide dei gladiatori. Puntiamo affascinati la fotocamera, quando un sordo ringhiare ci paralizza col dito sul pulsante di scatto. Abbassando lo sguardo, scopriamo di essere circondati da numerosi “amici” a quattro zampe visibilmente infastiditi dalla nostra presenza. L’area archeologica è deserta, inutile chiedere aiuto. Indietreggiamo dunque lentamente tra gli alti cespugli fino ad eclissarci nella selva di erbacce, procedendo poi senza indugio tra gli antichi blocchi. Comincia così il nostro viaggio nel moderno sfascio dell’arena che duemila anni fa era seconda, per sfarzo e dimensioni, solo al Colosseo. In attesa di una riqualificazione con fondi europei da tempo annunciata.
Per fortuna il branco non ci segue, nonostante l’incauta invasione di territorio. Quei cani infatti sono di casa, come conferma poco dopo la scoperta di due teneri cuccioli all’interno di una sepoltura di epoca sannita ai margini del parco storico. Vorremmo carezzarli, ma il dubbio che la madre possa far parte del precedente comitato di accoglienza ci invita a proseguire speditamente. Anche se avanzare tra le piante infestanti non è facile. Buona parte delle gallerie di accesso all’arena sono inoltre sbarrate da vecchi tubi innocenti e tabelle di divieto per i visitatori. Quelle si leggono chiaramente, mentre alcuni pannelli con (presumibili) notizie sul sito, sono imbrattati o corrosi dall’umidità. Tra le colonne spezzate troviamo gli attrezzi e i resti di lavori che erano “in corso” qualche mese o decenni fa. Sbarre, carriole, secchi e reti di plastica che sembrano più antichi dei capitelli romani.
Con i suoi quattro piani e i 165 metri di lunghezza sull’asse maggiore, l’anfiteatro campano poteva ospitare fino a 60 mila spettatori. Fu realizzato in età imperiale in sostituzione di quello più piccolo nel quale si era esibito due secoli prima anche Spartaco, il guerriero trace che dal 73 al 71 avanti Cristo, partendo proprio da Capua, capeggiò la rivolta degli schiavi che fece tremare Roma.
«Erano uomini abituati a combattere e uccidere, non come si battono i soldati e gli animali, ma come si battono i gladiatori, il che è affatto diverso», scrisse Howard Fast in un celebre romanzo degli anni Cinquanta: Spartacus . Dal libro fu tratto un film di successo diretto da Stanley Kubrick e interpretato da Kirk Douglas. Basterebbe rammentare questi trascorsi letterari e cinematografici per comprendere, oltre all’importanza storica, il potenziale turistico e culturale dell’anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere. Se adeguatamente valorizzato.
E invece quando emergiamo sugli spalti, rimaniamo in perfetta solitudine con le cupe fantasie di sudore e sangue, di secutor e reziari impegnati nella lotta mortale. Gli spettatori urlanti di un tempo sono sostituiti dagli arbusti rigogliosi che spaccano le gradinate superstiti con le loro radici. Si consolida nel nostro animo un’immagine decadente da Grand Tour settecentesco, che però la direttrice del polo museale dell’antica Capua, Ida Gennarelli, ritiene eccessiva.
«Prima di tutto – spiega – eviterei di chiamare erbaccia la vegetazione che cresce all’interno del sito. Qui ci sono alcune piante ed essenze rare che emergono tra terreno e pietra e vanno tutelate. Certo, troppi cespugli possono danneggiare le strutture, ecco perché gli addetti procedono ad una periodica ripulitura». Il problema dei cani pare invece legato alla bassa recinzione che circonda l’area. «Ma questo ed altri inconvenienti – assicura la direttrice – saranno risolti con gli interventi previsti grazie ai sette milioni di euro stanziati con fondi Fesr 2014-2020. Restaureremo anche l’area antistante dove ci sono i resti del piccolo e più antico anfiteatro, dove combattè Spartaco». Aspettando la riqualificazione, speriamo almeno che le simpatiche bestiole incontrate all’entrata, ci lascino tornare indenni a casa.